Nell’Olimpo delle IT Bag degli ultimi anni ce n’è una che, più di tutte, mi ha conquistata e lo ha fatto così subdolamente da esser diventata un vero e proprio chiodo fisso. Parlo della Boy Bag di Chanel nella versione small. Una borsa che, per la sua forma rettangolare e squadrata, potrebbe ricordare l’iconica 2.55, ma che, in realtà, gode di vita propria e di elementi unici.
Innanzitutto quello che salta all’occhio di questa borsa è che, rispetto alla 2.55, è decisamente meno elegante, meno formale, ma altrettanto sofisticata seppur in un’accezione sportiva e, oserei dire, quasi maschile.
Una borsa, dunque, che raccoglie in sé le caratteristiche tipiche della prima “Chanel”, quella Coco rivoluzionaria e anticonformista degli anni ’10, quella Coco che si fece largo nel mondo della couture “non per creare quello che mi piaceva, ma proprio, dapprima e anzitutto, per far passare di moda quello che non mi piaceva”(Cit.).
Per comprendere meglio come sia nata la Boy Bag e perché questa borsa abbia tutte le carte in regola per diventare una borsa cult non basta fermarsi all’apparenza, non basta soffermarsi sulla morbidezza del suo pellame, o sulla presenza di questa nei guardaroba dei trend setter più in vista del momento (Miroslava Duma ne possiede una vera e propria collezione): per capire la Boy Bag è necessario addentrarsi nella storia della maison francese, nella storia della sua fondatrice, nella storia del costume pre- chaneliano.
Ora, mi rendo che il rischio di dilungarmi parecchio è dietro l’angolo, perciò prometto di sintetizzare al massimo alcuni punti che, a mio avviso, sono fondamentali.
L’idea di femminilità di Coco Chanel era diversa dall’idea di “femminilità” tipica del suo tempo. All’epoca la “questione femminile” risentiva ancora degli strascichi medievali, nei quali la donna era sottomessa e vestiva con abiti appariscenti, gonfi decisamente poco pratici.
Chanel ridusse i volumi e rielaborò una femminilità che, all’epoca, dovette sembrare abbastanza “mascolina” proprio perché si avvicinava più a certe consuetudini maschili che femminili.
Incredibile, vero?
Non è un caso, quindi, che Kar Lagerfield abbia scelto per questa borsa il nome Boy-“ragazzo”, dunque- nome celebrativo di quella rivoluzione nella storia del costume apportata da madamoiselle Gabrielle Chanel.
La storia del nome “Boy”, però, non finisce qui, ma, anzi, ad una spiegazione prettamente stilistica se ne aggiunge un’altra, decisamente più romantica e dolce. Nella vita di Coco ci fu un “Boy” che contribuì a rendere grande il suo nome nel corso degli anni: Arthur Capel detto Boy: l’uomo che per primo credette in lei e che per primo investì nel suo talento aiutandola ad aprire, nel 1910, la prima sede in rue Cambon. Ma c’è di più (e questo è il punto focale di tutto): Boy fu talmente importante nella vita e nella carriera di Gabrielle che, nell’elaborare la “sua moda” la designer a lui- ed al suo guardaroba- si ispirava abitualmente.
È Boy, quindi, la chiave di tutto: la chiave del successo di Coco, la chiave di quei suoi abiti tanto femminili, ma allo stesso tempo tanto rivoluzionari, la chiave di quella borsa che oggi ci appare così “cool”, ma che porta con sé un bagaglio inimmaginabile racchiudendo nelle sue linee squadrate e spartane la storia della maison francese e, come se non bastasse, una lunga storia fatta d’amore e stima.