Gabriela Hearst parte dalla crisi climatica per raccontare la nuova collezione disegnata per Chloè autunno inverno 2022-23. E se cambiassimo prospettiva per guardare a ciò che dovremmo attuare con il cambiamento, cioè il successo climatico? Ci sono molti modi per intraprendere la via del mutamento. Tra questi, spiega la stilista, tornare alla natura selvaggia.
Su questa passerella si invita alla riflessione ma anche al dibattito. Come procurarsi i materiali, quali scegliere, come aprirsi all’invito al cambiamento? Sorprende la presenza della pelle su un catwalk che parla di crisi climatica e fauna selvatica. Ma Hearst spiega che la pelle è un sottoprodotto dell’industria della carne. Insomma, è un modo per utilizzarla senza che diventi a sua volta un rifiuto, uno scarto.
Quanto ai capi, invece? Si sceglie il minimalismo più spinto, anche per la palette che è tutta in nero, marrone e giallo, con l’eccezione di qualche fantasia rigata per le lane provenienti da progetti sociali e responsabili. Gli abiti e le gonne sono preferibilmente lunghe, i cappotti austeri, i pantaloni asciutti e spesso in pelle come i capispalla.
Lo stile generale è quasi boyish, con una silhouette presa a prestito dalla sartoria maschile. Eppure qua e là c’è un occhieggiare femminile, una manica gonfia, un dettaglio che segna la vita. Il messaggio che resta è quello dell’inizio: al danno si può rimediare. Chloè inizia a farlo riciclando il cashmere, scegliendo lane sostenibili e riportando sui capi paesaggi che paiono venire dai ghiacciai che si sciolgono, dalle praterie che bruciano.
Foto da Vogue
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