I suoi defilé erano show e non semplici sfilate, condiva ogni spettacolo con un gusto a metà via tra la fantascienza più avveniristica e ascendenze gotiche da fare invidia al più sfrenato Tim Burton. Alexander McQueen lo ricorderemo forse per i teschi che ha disseminato sugli accessori e le terrificanti armadillo shoes più recenti, ma soprattutto per l’uso di moduli sartoriali audaci che gli valsero il titolo di hooligan della moda, per uno spirito sempre contro ogni convenzione e il suo apporto alla storia del costume di questi anni.
Ma io lo ricordo per un episodio in particolare: mi avvicinavo a questo mondo quando in passerella – era il 1999 – uscì Aimee Mullins, una modella priva di gambe, oggi anche atleta e attrice, che avanzava a grandi falcate su protesi di legno finemente intagliato, create appositamente per lei.
Una provocazione forte e un segnale preciso da parte dello stilista, quando ancora la provocazione faceva scandalo genuino e inviava un messaggio chiaro e non era, come adesso, mero spettacolo al servizio delle vendite. Il rischio, adesso, è che anche questa perdita si trasformi in spettacolo e in un riflettore in più, assai macabro, sulle settimane della moda che stanno per inaugurarsi.
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