Marco De Vincenzo ha trent’anni ed è un couturier. La sua prima sfilata a Parigi Haute Couture ha scosso le coscienze, interessato la stampa, convinto il parterre.
La sua è una moda che si riappropria del corpo della donna: gli abiti sono concettuali, molto sperimentali nella ricerca e nel trattamento dei materiali e delle forme – pelle e jersey soprattutto – ma mai si discostano dal corpo, fulcro della creazione, spogliato dagli orpelli che spesso affollano le passerelle e distolgono l’attenzione dello spettatore dall’essenziale.
Un debutto interessante che, con le parole di WWD, assicurerà ad alcuni dei capi della collezione più di uno scatto sugli editoriali delle riviste patinate. Oggi racconta il suo viaggio a Verycool.
Hai cominciato studiando allo IED, hai lavorato per Fendi e adesso sei arrivato direttamente nell’Olimpo dell’alta moda. Complimenti (doverosi) a parte, ci sarà voluta una bella forza di volontà. È il sogno che si realizza ma anche l’inizio di una nuova avventura. Quali sono stati gli ostacoli più duri da superare e quali le soddisfazioni più grandi?
La forza di volontà è stata indispensabile, anche perché non è detto che l’Alta Moda sia l’Olimpo…Una sfilata come la mia, fuori dal calendario ufficiale, in una città difficile come Parigi, poteva essere trattata con maggiore indifferenza se non addirittura stroncata. Ho investito in questo progetto tutte le energie che avevo, e probabilmente questa forza è arrivata anche a chi non mi conosceva. Le difficoltà nell’affrontare un’esperienza del genere sono tantissime; sei da solo, con una mano disegni e con l’altra scrivi una mail di sollecito ad un fornitore che ti deve consegnare un tessuto da due settimane. Per non parlare di chi ti dice ogni giorno:
– Alta Moda?Ma sei pazzo, con la crisi??
La sfilata ha convinto la stampa di settore e ha dimostrato che non servono gli artifici da passerella per proporre abiti di qualità e soluzioni innovative. A che tipo di donna si rivolgono le creazioni di Marco De Vincenzo?
La cosa più difficile è stata sintetizzare. Volevo che la prima collezione mi rappresentasse al meglio, e per una persona “onnivora” come me è stata un’impresa titanica. Alla fine ha prevalso la mia indole, minimalista sulle forme e decorativa sulla materia. Ho scartato gli artifici da passerella perché ho capito che amo guardarli ma non progettarli, e mi sono concentrato su una donna sexy ma concettuale.
La scelta dell’haute couture parigina è stata coraggiosa. Come nasce e come si realizza?
L’idea di una collezione personale è nata a Marzo scorso, ma non avevo messo a fuoco mezzi e conseguenze di questa scelta. A Maggio ho incontrato Angelo Sensini, mio amico pierre e titolare di un’agenzia di comunicazione, che mi ha convinto a buttarmi, cominciando dalla Couture in modo da sentirmi più libero dai vincoli del mercato. Da lì è stato un susseguirsi di eventi, dall’incontro con il Presidente della Camera Nazionale della Moda Francese, alla scelta dei tessuti, all’affitto del posto…
Ci incuriosisce sempre il processo creativo dello stilista: matrimonio d’amore tra ispirazione e tecnica. Come avviene quest’incontro?
Il progetto di partenza durante i mesi di lavorazione si modifica. Scarti alcune cose che non ti convincono per fare spazio ad altre che invece lo fanno, rafforzi la coerenza dei diversi temi in modo che ci sia una fusione forte tra di loro. In genere ci sono due o tre idee guida, nelle linee e nei materiali, che diventano immediatamente la tua ossessione e ti accompagnano fino alla fine del percorso creativo.
Parliamo della collezione: qual è l’ispirazione che la guida?
Dèco, Optical e Grecia classica. Sicuramente questi sono i temi più importanti. E poi tutte le innumerevoli sfumature che fanno parte di te e di come interpreti e rimescoli il mondo circostante.
Ci piacerebbe sapere quali sono i tuoi stilisti preferiti e perché.
Gianni Versace è stato fondamentale per la mia formazione, mi piace credere che qualcosa di tutta quella passione che ho nutrito per il suo immaginario, mi sia entrata dentro. A volte la sento fortissima. Dei contemporanei Prada e Margiela. Mi fido delle loro scelte stilistiche, non sono mai ovvii.
E ora spazio alle emozioni: quando hai deciso di puntare in alto; quando hai avuto la conferma della partecipazione alle sfilate parigine; quando si sono accese le luci sulla tua passerella. Vuoi ricordare con noi i momenti più intensi di questa esperienza?
A fine Novembre mi è stata comunicata la data, a quel punto tutto è diventato reale. Ho mantenuto la calma fino al giorno prima, nello stupore generale di tutti gli amici accorsi, per certi versi più agitati di me. Il giorno stesso la calma è scomparsa. Seduto in prima fila, qualche ora prima dello show, durante la prova generale con le modelle e la musica che inondava la sala, ho realizzato che stavo per giocarmi una carta importante, che tanta fatica poteva essere finalmente ripagata.
L’avventura è cominciata: i prossimi obiettivi?
L’obiettivo principale è quello di continuare ad esprimermi. So che ci sono aspetti da rafforzare, come trovare qualcuno che creda in me e mi supporti finanziariamente e dal punto di vista della distribuzione. Mi sto concedendo qualche giorno di riposo prima di ripartire. Il secondo passo in fondo non è così lontano.
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