Un volto che ha incantato il mondo quello di Twiggy. Un fenomeno planetario che nella seconda metà degli anni sessanta conquistò le pagine dei rotocalchi, ossessionò il mondo della moda e divenne in poco più di ventiquattro ore il modello da imitare per milioni di ragazzine sparse per il mondo.
Tutto iniziò, proprio come in una fiaba moderna, a Londra, più di quarant’anni fa. Una ragazza con un background proletario, un accento terrifcante, tipico dei quartieri dell’ East End e un fisico minuto ed esile, quasi un fuscello (da qui l’origine del nome). Eppure proprio questo fisico così androgino ed insolito la portò dritta al successo e alla fama internazionale, grazie anche ad una serie di incontri fortunati, primo fra tutti, quello con Barry Lategan (la foto in alto è sua) un fotografo sud africano che lavorava per Vogue ed Elle che divenne famoso nei primi anni ’60 per aver imposto la moda delle ragazze magre e flessuose.
Ma a farla diventare un’icona femminile delle seguaci della moda da una parte e dall’altra dell’Atlantico furono David Bailey, il fotografo cui si ispirò Antonioni per il film Blow Up (1966) e Mary Quant, la stilista conosciuta come l’inventrice della minigonna che lancerà facendola indossare nel 1966 proprio a Twiggy, allora parrucchiera di 17 anni.
Fu la svolta: in pochi giorni diventò semplicemente l’emblema di un’intera epoca, di quella swinging Londra allora nuovo e fantasmagorico ombelico del mondo.
Il suo volto da bambina sparuta e un po’ impertinente, i grandi occhi da cerbiatta in fuga e il suo corpo magrissimo (che il Newsweek descrisse maliziosamente come “quattro arti verticali in cerca di un corpo femminile”) entrarono di prepotenza nell’immaginario collettivo. Chi potrà mai dimenticarsi di quelle lunghissime ciglia disegnate con così tanta maestria? O di quel garbo infantile e ultrachic che faceva di ogni foto un universo di immacolata perfezione?
Una carriera folgorante che le aprì presto le porte del cinema e della musica. David Bowie la mise sulla copertina di un suo disco. Ken Russell geniale e visionario regista inglese, la volle invece per il suo musical cinematografico The boy friend per cui Twiggy ottenne addirittura due Golden Globe e che pochi anni dopo la portarono anche a calcare le scene di Broadway con il musical My one and only, un successo che per mesi tenne banco al botteghino. Una carriera inarrestabile, luminosa . Bellissimo e toccante anche il suo ruolo di Eliza Doolittle nel Pigmalione accanto a Rober Powell, ruolo che negli anni sessanta era stato dell’ indimenticabile Audrey Hepburn (ricordate vero My Fair Lady?).
Una vita costellata di tanti successi che fortunatamente per lei e per noi continua anche nel nuovo millennio, prima con le sue apparizioni nel celebre America’s next top model nel ruolo di giudice della commissione esaminatrice, poi nella celebre campagna pubblicitaria di Marks and Spencer che ha avuto un successo senza precedenti, risollevando addirittura le finanze disastrate del celebre storico store inglese.
Un talento cresciuto nel corso dei decenni. Prima Modella nella storia della moda a diventare personaggio pubblico, mito, cantante (un suo disco ottenne il disco d’oro) e attrice pluripremiata, ma soprattutto volto di un‘intero decennio, musa di fotografi e artisti. Emblema di un’epoca davvero straordinaria, consumata tra genialità e sregolatezza, musica e opere d’arte che hanno fatto, nel bene e nel male, la storia di questi ultimi quarant’anni.
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